Un assaggio di Messico e delle tradizioni del Día de Muertos a Brescia

Nelle aule dell’ex tribunale si aggirano figure inquietanti, le Catrinas, ritratti satirici e rappresentazioni popolari della morte, tra abiti vittoriani e rivisitazioni contemporanee sulla base dell’iconografia tradizionale di Josè Gaudalupe Posada  con la sua celebre Calavera Catrina, poi trasformata in simbolo, anche di ribellione, di critica sociale delle diseguaglianze e delle ingiustizie, da Diego Rivera.
Questa donna-scheletro, agghindata di tutto punto, vuole soprattutto rimandarci un’immagine ironica, che rimette la morte nella sua giusta prospettiva, ossia quella di un fatto naturale della vita.

Nella celebrazione del Giorno dei Morti, secondo la più classica delle tradizioni di famiglia, non può mancare neppure l’allestimento di un altar dedicato a chi non è più tra noi e la scelta a Brescia, nella “Sala Danze” – dallo splendido soffitto e dall’imponente lampadario che testimoniano i gloriosi trascorsi di un’antica casata cittadina – è caduta su Chavela Vargas  che Antonella Bosio, collaboratrice di interscambio culturale, racconta essere stata una leggenda della musica ranchera messicana, una sorta di regina dei cuori infranti, ma anche e soprattutto una paladina dell’emancipazione femminile.

Ci sono alcuni elementi ricorrenti nella creazione di un altar per un defunto: un suo ritratto, oggetti a lui cari, cibi e bevande che amava particolarmente quando era in vita, papel picado che rappresenta l’elemento aria, un bicchiere di acqua, della frutta (come richiamo all’elemento terra), incenso, i fiori di tagete che celebrano il passaggio e che vengono spesso disposti a croce per fornire i punti cardinali alle anime dei defunti che, sempre secondo la credenza popolare, ne usano il profumo come una scia da seguire per non perdersi.

E poi ancora teschi, onnipresenti, e torna forte il tema dell’importanza della memoria, del ricordo tramite le immagini e l’atto artistico nel progetto che presenta il Colectivo Achokez intitolato significativamente “Tzompantli” (1). Quest’opera, legata a una pagina particolarmente nera della recente storia messicana, nasce come un tributo a 43 giovani tragicamente scomparsi e si inserisce appieno nella cultura di un Paese secondo cui si muore davvero solo quando si viene dimenticati, giacché ad ogni esposizione di questi 43 teschi incisi si rinnova il ricordo, in qualche misura si sconfigge la morte.

di: Barbara Arrighetti