Torna il Salone del Mobile. Il made in Italy cresce e Milano ritrova l’adrenalina

Torna il Salone, sale l’adrenalina. Domani alla Fiera di Rho apre i battenti la più grande manifestazione mondiale del Mobile e per Milano è in qualche modo la Festa della Riapertura. È l’edizione numero 60 e arriva dopo un intervallo (obbligato) di due anni riempito in parte dall’evento-esperimento del settembre scorso affidato a Stefano Boeri. Nel frattempo gli industriali dell’arredo e del design hanno ricomposto le divisioni interne che avevano paralizzato l’associazione lungo tutto il 2021 e sono ripartiti dal format classico del Salone: centralità della Fiera, tanti nuovi prodotti, spazio alla fantasia e alla creatività del Fuorisalone. Gli espositori annunciati saranno 2 mila e più di un quarto viene dall’estero. Ci sarà meno Russia per la guerra e meno Cina per le restrizioni sanitarie ma non per questo sarà un’edizione meno proiettata in chiave globale. Sul piano delle esportazioni il made in Italy non solo ha difeso le posizioni pre-Covid ma pare aver conquistato nuove quote di mercato sui mercati occidentali, in testa Stati Uniti e Regno Unito e ampliato le vendite in India e Medio Oriente. Vedremo se questa nuova geografia del design si rispecchierà anche nei passaporti dei visitatori della Fiera.

L’industria macina crescita

L’importante è che l’industria del mobile arrivi all’esame di Rho con i compiti fatti: verranno tempi più duri per l’inflazione e i prezzi delle materie prime ma intanto il primo trimestre ’22 confrontato con l’analogo periodo dell’anno precedente fa segnare +24,5% e si tratta di una performance non solo tirata dall’export ma anche dal mercato interno: +27,2%. 

La pandemia ha portato a una rivalutazione dei beni per la casa, lo smart working ha costretto molti a modificare il layout degli appartamenti e l’industria del mobile si è fatta trovare pronta. Non solo begli oggetti ma anche soluzioni e idee moderne. Il Salone celebrerà da par suo questa rinnovata capacità imprenditoriale, dall’esterno — come ci compete — sarà utile invitare i big dell’arredo italiano a non sedersi sugli allori, non solo perché potremmo ritrovarci nel pieno di una nuova recessione ma anche perché si può fare meglio. Pensiamo a una politica boschiva lungimirante che accorci la filiera, a una maggiore attenzione alla digitalizzazione dei processi e allo sviluppo dell’e-commerce e infine anche una nuova architettura del lavoro — per usare le parole di Federico Butera — che porti in azienda i giovani talenti necessari per perpetuare il vantaggio competitivo del made in Italy.

Milano capitale del merito e del no profit

Come già detto il Salone è sempre stato una scarica di adrenalina per Milano. La città ha pagato un alto prezzo alla pandemia che ha interrotto la sua “corsa verso il cielo” e riavvolgere il nastro per riprenderla da dove ci si era fermati si sta rivelando più difficile del previsto. Milano è chiamata a rinnovare le sue ambizioni e la sua identità al tempo dell’economia della conoscenza e dell’innovazione. E insieme deve dedicarsi a un’opera di ricucitura delle distanze sociali che si sono allungate per i riflessi della pandemia (le famose code al Pane Quotidiano) ma che saranno ulteriormente sottoposte a stress dai riflessi dell’inflazione. La storia e le fortune della città sono state però sempre legate alla capacità di includere, di far sentire come milanese chiunque fosse arrivato anche solo da una settimana, di allargare il perimetro della comunità per ingaggiare i migliori e sostenere i deboli. Insieme capitale del merito e capitale del no profit.

L’innovazione

In città si coltivano molti progetti che possiamo accomunare sotto la parola-chiave dell’innovazione, a spingerli sono istituzioni pubbliche, soggetti privati e una combinazione tra le prime e i secondi. Tutto ciò però non è ancora “sistema”. C’è qualcosa che frena, come se la comunità non fosse ancora convinta che questa sia la strada da percorrere. Eppure se vorrà trattenere i talenti che escono dai suoi atenei, se vorrà attrarne da tutti i Paesi del mondo, se vorrà diventare una delle più importanti città universitarie d’Europa quella convinzione va trovata. La società civile milanese non può limitarsi a commentare stupita la continua lievitazione dei prezzi dell’immobiliare, deve anch’essa concorrere a indicare un altro percorso di investimento e di crescita. Mattone ricco e terziario povero non è una combinazione vincente.